Non avevamo capito quanto fossimo preziosi, noi cittadini oppositori all’alta velocità, ai fini della sua costruzione. Ieri mattina si è verificato il primo atto di una nuova strategia, basata sul pieno utilizzo anche delle nostre risorse umane. La TAV dovrebbe infatti essere costruita coi nostri corpi, passando letteralmente sui nostri corpi. Violentando quindi non solo la natura della Val Susa, oltre che ogni normale regola di buon senso, ma anche i nostri stessi corpi: passando sui corpi dei valsusini, sui corpi di tutti coloro che opponendosi a quest’operazione militare – che ormai nulla ha più a che vedere con un cantiere – verranno calpestati non solo nei diritti ma anche di fatto, nel fisico e nell’incolumità. Saremo noi, che ci opporremo fino all’estremo, che quindi dovremo costituire i piloni a sostegno e il pavimento del buco TAV nella montagna. E’ una nuova fase, della quale abbiamo avuto chiara dimostrazione in questi giorni e soprattutto il 27 febbraio.
Ieri notte è avvenuto un blitz militare per l’allargamento del cantiere TAV in Valle Clarea, pressi di Giaglione, Valle di Susa. C’era un gran numero di forze dell’ordine e militari, ruspe, mezzi militari, saliti anche mentre sabato 75000 persone manifestavano pacificamente contro quest’opera assurda, inutile, dannosa, costosa. Invano! D’altronde non conoscevano le nuove disposizioni: il primo traforo ferroviario realmente umano, basato cioè sul rischio e sulla morte immediata della popolazione, che si trasforma, quando va bene, in corpo ferito da sgomberare per andare avanti meglio e più speditamente.
La cieca convinzione di portare avanti un allargamento del non-cantiere ha visto l’opposizione nonviolenta dei pochi ragazzi che erano presenti sul posto. La grande mobilitazione del movimento NOTAV sarebbe infatti dovuta avvenire – dopo la manifestazione di sabato – nuovamente la notte fra lunedì e martedì, con una fiaccolata notturna ed una permanenza sul posto ad oltranza. Gli anziani della valle erano disposti ad incatenarsi agli alberi, ad oltranza. Avendolo probabilmente saputo, gli invasori hanno deciso di provare a forzare i tempi.
Luca Abbà, 37 anni, agricoltore della Valsusa, molto conosciuto in Valle per la sua fiera ma nonviolenta opposione alla TAV, si è arrampicato allora su un traliccio per provare ad opporsi alla cieca determinazione degli invasori. Sentivamo la diretta della sua voce alla Radio del Movimento (Radio Black-Out). Diceva, rivolto a quelli di sotto: “se non la piantate, io da quassù non me ne vado, avete capito?”. Poi, rivolto agli ascoltatori: “Ciao, vi saluto, UN POLIZIOTTO-ROCCIATORE mi sta incalzando da sotto”.
Gli invasori lo hanno incalzato da sotto, spingendolo a salire più in alto. E’ rimasto folgorato dall’alta tensione. Sotto il traliccio non era stata posta alcuna protezione prima di incalzarlo. Avevano molta fretta, si vede, ed il corpo di Luca serviva per i “lavori in corso”. Luca è caduto a terra con un volo di molti metri. Le sue condizioni sono apparse subito gravissime. I soccorsi, ritardati dai blocchi delle forze dell’ordine, hanno molto tardato ad arrivare. Alla fine è stato soccorso, intubato e trasportato all’ospedale CTO di Torino.
Nemmeno dopo la caduta e le gravissime condizioni in cui versava Luca, c’è stato uno stop dei lavori. Questo appare incredibile, in spregio ad ogni norma di sicurezza e di prudenza, oltre che di rispetto. In quale cantiere, anche un non-cantiere fortino militare, non si fermano i lavori in caso di grave incidente?
Luca è grave e la responsabilità sono da attribuire esclusivamente a chi ha ordinato ed eseguito il blitz, mettendo, come poi è stato, a repentaglio la vita delle persone. Luca Abbà è all’ospedale a Torino. E’ stato colpito da elettricità a media tensione, muove le gambe, è cosciente e orientato, ha una sospetta lesione interna con versamento, emorragia interna, ustioni di secondo grado, danni non
immediatamente valutabili da folgorazione. E’ in terapia intensiva e le notizie lo danno comunque in prognosi riservata ma non in pericolo di vita.
Luca Abbà è un agricoltore che vive a Cels, dove da diversi anni ha deciso di ritornare a coltivare la terra. Abbà ha iniziato da tempo a condurre la sua battaglia contro l’alta velocità, diventando in breve tempo il leader del Comitato No Tav Alta Valle. I famigliari, gli amici, i conoscenti ma soprattutto tutti quei colleghi che nel corso degli ultimi anni, insieme a lui, avevano dato inizio a questa battaglia per tutelare il proprio territorio dall’arrivo dell’alta velocità sono stati sconvolti dalla notizia e accorsi in ospedale, davanti al quale questa notte vi sarà una veglia di solidarietà, mentre le iniziative si stanno moltiplicando in tutta Italia. La Valsusa è in rivolta, le comunicazioni stradali e autostradali sono completamente bloccate. Tutta l’Italia civile si sta mobilitando in solidarietà a Luca ed ai resistenti NOTAV.
Nel frattempo, nella Baita in Val Clarea a ridosso del non-cantiere in fase di allargamento, quindici ragazzi resistenti si sono chiusi dentro per impedirne l’abbattimento con le ruspe. Si temono azioni estreme che possano metterli in pericolo. Questo blitz militare è l’esempio di come s’intende la democrazia da parte dei propugnatori del TAV: senza alcuna copertura legale, militarmente, disprezzando anche la vita umana. A questi quindici ragazzi, a tutti i cittadini che in queste ore si oppongono con ogni mezzo a questa barbarie, raccomandiamo la massima prudenza, dato che la nuova direttiva TAV appare chiara: passeranno sui nostri corpi. Pavimenteremo la strada del Progresso, noi assurde forme di vita, distendendoci per farlo procedere sempre più veloce
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